Il legame tra il cinema di Joel ed Ethan Coen e Bob Dylan
Il legame tra il cinema di Joel ed Ethan Coen e Bob Dylan – Prima parte.
Tentiamo
adesso un insolito e impervio percorso per raccontare del legame che intercorre
tra il cinema di Joel ed Ethan Coen e il cantautore statunitense. Per farlo è
necessario compiere alcuni passi indietro. Partiamo da Fargo (film e serie tv)
ambientate in Minnesota. Già proprio lo Stato che aveva dato i natali a
personaggi del calibro di Francis Scott Fitzgerald e Bob Dylan. Anzi Robert Allen
Zimmerman, che nel 1941 per la prima volta apre gli occhi in quel di Duluth,
Minnesota. Situato in posizione centro-settentrionale, confinante con Canada, North
Dakota, South Dakota, Iowa e Wisconsin, questo stato è conosciuto come la terra
dei 10.000 laghi. Conta anche ben 6.500 fiumi e torrenti, tra cui il
Mississippi. Leggenda vuole che il nome in lingua dakota voglia dire “acqua che
riflette il cielo”. Attenendosi alle fonti storiche il nome in sioux significa
invece “fiume dall’acqua torbida” da mni “fiume” e sota “appannato”. Anticamente
il territorio era parte della Louisiana francese, passato nel 1803 agli Stati
Uniti d’America. Nel 1849 divenne territorio autonomo ed entrò come Stato dell’Unione
il 2 maggio 1857. Il Minnesota ha dato i natali a personalità del calibro di Charles
M. Schulz, Judy Garland, Sinclair Lewis e Prince Roger Nelson, che era nato nel
1958 a Minneapolis.
Joel ed
Ethan Coen esordiscono al cinema con la loro opera prima del 1984, Blood Simple,
un noir. Negli anni successivi realizzano pellicole di successo che ottengono ottimi
riscontri in termini di critica e di festival dove vengono presentati. In
particolare con Barton Fink, che racconta le vicende di uno scrittore e
drammaturgo newyorkese di origine ebraica, il quale viene chiamato a Hollywood
per scrivere una sceneggiatura per un film. Per gli amanti e appassionati di
cabala, il film è ambientato nel 1941, elemento funzionale ai fini narrativi,
ma che alimenta la mitologia secondo cui le sceneggiature dei Coen spesso
contengano legami e assonanze con Bob Dylan, nato proprio nello stesso anno in
cui si svolgono le vicende del film. Il film successivo, The Hudsucker Proxy
(Mister Hula Hoop) è ambientato in una New York da fiaba diretta da Frank Capra
e narra le vicende di un giovane neolaureato che dall’Indiana arriva nella metropoli
animato da buoni propositi. Siamo nel 1958 e i Coen in una breve scena ci
mostrano un beatnik bar dove sul cartellone compaiono i nomi di Corso, Snyder,
Ferlinghetti e Peter Orlovsky. Presenzia la scena Steve Buscemi, che già era
diventato un attore abituale nei film dei Coen.
Tuttavia è
proprio con l’opera successiva, il già citato Fargo, che i cineasti americani
creano una connessione duratura tra il loro cinema e Bob Dylan. I segni si
possono trovare un po’ dovunque, dai dialoghi alla scelta di ambientare il film
proprio nel Minnesota, così come in certi dialoghi, situazioni e personaggi. È
un film su una truffa, un inganno che non troverà realizzazione. Come dice
Dylan nella canzone: “L'autostrada è per i giocatori d'azzardo, farai meglio ad
usare il tuo cervello / Tieniti quello che hai accumulato per caso / Il pittore
a mani vuote delle tue strade sta disegnando folli ricami sulle tue lenzuola.”
Due anni dopo con The Big Lebowski i Coen realizzano il primo film con un
riferimento esplicito a Bob Dylan.
Il conflitto
nel caotico e chandleriano nodo gordiano che è il Lebowski non è niente di così
portentoso come la seconda guerra mondiale o l'omicidio o il proibizionismo: è
semplicemente un uomo che vuole una ricompensa per il suo bel tappeto che dava un
tono all'ambiente. Eppure, ai margini di questo fantastico film, ci sono altre
guerre più magistrali in corso: giovani e vecchi, conservatori e liberali, in
questa è una delle satire politiche più sfumate mai scritte e, soprattutto per
noi: musica americana contro musica americana. Il nostro Dude adora i
Creedence, aspetto che viene più volte affermato durante il film e odia a sua
volta gli Eagles! Non abbiamo elementi sufficienti per capire se abbia colto o
meno il riferimento degli Autobahn ispirati ai Kraftwerk, guidati
dall'antagonista Uli Kunkel e dalla sua banda di nichilisti. Eppure non ha
problemi a definire i Metallica come una banda di stronzi. Siamo di fronte a
quello che è il più autentico tra i personaggi creati dai Coen: il Dude
caratterizzato dalla grande performance di Jeff Bridges è uno sparatutto così
diretto che nemmeno il fatto che gli anni '60 siano finiti 20 anni prima può
dissuaderlo dal suo passato radicale. “Mai sentito parlare dei Seattle Seven?
ero io... e altri sei ragazzi." Per The Dude, le canzoni di protesta con
cui Bob Dylan ha iniziato erano il vero affare, l'unica cosa autentica per
radunare i suoi ideali dietro, anche se tutti quegli ideali lo condurranno a
un'auto distrutta e a un tappeto rovinato e da recuperare. Il tema emergente
più forte sulla strada per Llewyn Davis è quello del conflitto musicale.
Appare in
modo più evidente negli anni 2000 con O Brother, Where
Art Thou? un miscuglio di Preston Sturges, l'Odissea e il bluegrass degli
anni '30, O Brother è quasi esultante e, a in condominio con Raising Arizona
del 1987 è l'opera più scanzonata e smargiassa prodotta fin qui dai Coen. Le
due opere hanno anche un altro elemento in comune: forza ultraterrena
spirituale e maligna che incombe. Se in Raising Arizona era un motociclista
sporco e implacabile, in O Brother l'elemento maligno vestirà invece i panni
dello sceriffo che tiene a guinzaglio addirittura Cerbero stesso, per farsi
aiutare nella caccia dei protagonisti. Inizia qui un nuovo modo di raccontare
storie, tra riferimenti a Omero e la mitologia americana del crocevia di Robert
Johnson che vendette l'anima al diavolo per imparare a suonare la chitarra
secondo un nuovo canone che ne avrebbe fatto una leggenda musicale ancora viva
e vegeta. Crocevia e patto col diavolo che lo stesso Bob Dylan cita nel
documentario di Martin Scorsese, No direction home del 2005.
Per molti
versi, l'America presentata in O Brother, Where Art Thou? è una versione
deformata e dai toni seppia dell'America a cui tutti sembrano voler tornare spesso.
L'America più semplice che ha alimentato il movimento popolare. Queste sono
essenzialmente le stesse canzoni che gli hipster di New York avrebbero cantato
diversi anni dopo. Ora l'America in mostra qui è piena di politici disonesti,
venditori di Bibbia assassini, uomini del Klan rampanti, rapinatori di banche
dal grilletto facile e inondazioni improvvise. In altre parole, l'America che
tutti desideravano negli anni '60, sull'orlo di uno sconvolgimento sociale
radicale e di un omicidio politico (Murder Most Foul) non è mai realmente
accaduta. Non esiste un'età dell'oro. È la feticizzazione di un'America che non
è mai realmente esistita. C’è qualcosa di più dylaniano di questo? Il film
oltretutto sembra anticipare Love and Theft ed è parecchio in linea con il “prequel”
Time Out of Mind, specialmente in relazione a certi brani scartati e contenuti
in Tell Tale Signs (The Bootleg Series Vo. 8). Insomma possiamo facilmente
tracciare un percorso, ora sì più lineare e coerente che partendo dalle origini
di Dylan e dei Coen attraverso Fargo, ci ha portati fino al Big Lebowski e a
Fratello dove sei? e che andando avanti nella filmografia coeniana arriva alle
canzoni popolari di Inside Llewyn Davis del 2013.
Il grande scherzo che lega questi due film è che in O Brother, un gruppo di bugiardi, ladri e ciarlatani usa quella che in seguito sarebbe stata chiamata "musica popolare" come stampella per acquisire denaro (Everett McGill) o per acquisire potere (Pappy O' Daniel). Lo sguardo sul viso di George Clooney durante la registrazione iniziale di "Man of Constant Sorrow" dei Soggy Bottom Boys è tutta un programma e ci dice molto della capacità dei Coen di fare un cinema divertente, intelligente e originale. Abbiamo qui di fronte un gruppo di persone false che si guadagna da vivere cantando musica "vera" (cioè la vera musica cantata da "gente"). In Llewyn Davis, quel paradigma è completamente invertito, dove abbiamo persone "reali" come Llewyn, troppo preoccupate per la ricerca della sua arte per guadagnarsi da vivere cantando musica "falsa".
Fine prima parte
Dario Greco
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