Masked and Anonymous
Masked
and Anonymous, Chronicles & Theme Time Radio Hour.
Non sembra,
ma sono trascorsi quasi vent’anni da quando Bob Dylan inaugurava uno dei suoi
periodi creativi più produttivi, a livello multimediale. Prima era stato
pubblicato il suo 31esimo album in studio, quel “Love and Theft” che per la
seconda volta consecutiva gli era valso un Grammy, questa volta nella categoria di miglior
album folk contemporaneo. Il tutto era avvenuto a stretto raggio dalla
conquista della statuetta per la miglior canzone originale, grazie a Things
Have Changed, composta per il film Wonder Boys.
A questo
punto Dylan decide di capitalizzare il buon momento, realizzando un nuovo
progetto per il cinema. Scrive in collaborazione con il regista Larry Charles
lo script di Masked and Anonymous. Il film vede la sua firma anche
nella colonna sonora, dove il cantautore effettua una bizzarra e in parte
riuscita scelta, puntando su brani propri, ma eseguiti da altri interpreti.
Alcuni sono più che noti, come The Grateful Dead, Jerry Garcia, Los Lobos e
Shirley Caesar, ma in molti casi le scelte cadono su artisti meno noti, selezionati
per ragioni differenti. Per noi italiani è una piacevole sorpresa leggere tra questi Francesco De Gregori e Articolo 31. Le scelte insolite
però non finisco qui, visto che nella tracklist appaiono anche i giapponesi The
Magokoro Brothers e l’artista turca Sertab. Scelte insolite e a tratti
bizzarre, dunque. Eppure questo non è niente rispetto ai contenuti della
sceneggiatura e della realizzazione della pellicola. La storia ruota attorno a
un cantante leggendario, ma caduto in rovina, il quale viene coinvolto in un
concerto di beneficienza mentre la nazione è sull’orlo di una rivoluzione. C’è
anche un dittatore in mezzo che ha uno strano legame (di parentela?) con il
cantante. Riassumere la trama di Masked and Anonymous non è la cosa più
semplice del mondo, anche perché non è la storia il punto focale della
pellicola. Larry Charles sarebbe diventato un regista di commedie di un certo
successo, collaborando in seguito con il comico Sacha Baron Cohen, mentre Dylan
dopo l’ennesimo flop cinematografico, sarebbe tornato a scrivere canzoni e a
portarle in giro attraverso interminabili tour mondiali.
Eppure Masked and Anonymous è una perfetta fotografia dell’operosità dylaniana di quel periodo. Il cantautore americano tra il 2003 e il 2007 pubblica la sua autobiografia Chronicles Volume 1 (2004) e si concede ancora alla macchina da presa per il documentario di Martin Scorsese, No Direction Home, incentrato sui primi anni di carriera, alternati a commoventi e intensi ricordi d'infanzia, fino ad arrivare alla celebre svolta elettrica del 1965-1966 e relativo tour con The Hawks/The Band. Le novità non terminano qui: Dylan infatti inaugura la sua trasmissione radiofonica. Theme Time Radio Hour andrà in onda dal maggio 2006 fino all’aprile 2009. In questo periodo Dylan pubblica altri due dischi: Modern Times e Together Through Life. Nel 2007 il regista Todd Haynes porta sullo schermo la vita di Dylan, in un modo del tutto nuovo e originale. Il film narra le vicende di sei personaggi, ognuno di quali rappresenta un differente aspetto della vita e della musica di Bob Dylan. Abbiamo perciò il Poeta, il Profeta, il Fuorilegge, il Falso, il Martire del Rock e la Star elettrica. Anche qui la colonna sonora prevede brani eseguiti da altri artisti, principalmente appartenenti alla scena contemporanea inglese e americana. Tra i pezzi selezionati trova spazio anche un inedito di Dylan, registrazione che appartiene al periodo dei Basement Tapes, quando con l’ausilio di The Band, il cantautore diede vita a un canzoniere alternativo di cui oggi conosciamo quasi tutto il repertorio, di livello eccelso. Il brano è proprio I’m Not There, che fornisce l’ispirazione al regista per il suo film biopic ispirato oltre che dalla musica, alle molte vite di Bob Dylan. Un periodo di rilancio senza precedenti, dove oggi in termini retrospettivi possiamo meglio inquadrare il tutto. Dylan diede alla luce quattro dischi, di cui tre composti da materiale inedito durante questo decennio, senza dimenticare le uscite antologiche, i Bootleg Series, le compilation e diversi brani sparsi che vanno ad arricchire il corpus del repertorio dylaniano. Tra le tante raccolte pubblicate, merita una menzione a parte Tell Tale Signs, dove i Bootleg Series arrivati all'ottava uscita, si focalizzano sul materiale d’archivio risalente al periodo che va dal 1989 al 2008. Nell’edizione deluxe, composta da tre dischi, troviamo davvero un po’ di tutto. Brani scritti appositamente per il cinema, canzoni eseguite in versione demo e/o alternative, pubblicate sui dischi di quell’epoca. Ci sono poi altre esecuzioni dal vivo e alcuni brani tradizionali, ripresi dal repertorio altrui, come come 32-20 Blues di Robert Johnson. Delle sedici uscite, pubblicate fino al 2022, The Bootleg Series Vol. 8 è tra le più complete e merita senza alcun dubbio di essere recuperata, anche perché va a colmare alcuni buchi presenti nella produzione in studio del periodo.
Per concludere
Siamo di fronte a un Bob Dylan vitale, nonostante l’età, impegnato su più fronti. I risultati, nella maggior parte dei casi, sono più che validi. Cinema e libri a parte, quello che più conta, ancora una volta, saranno i nuovi brani. Ce ne sono per tutti i gusti e alcuni sono di livello eccelso; un aspetto che si tende molto spesso a trascurare, quasi come se fosse normale continuare a realizzare canzoni meravigliose, dopo tutti questi anni. Dylan però non è un autore e un interprete qualsiasi e ce lo rammenta, sia nella composizione dei brani maggiori, sia quando realizza opere minori, apparentemente trascurabili, nel corpus dell’opera. Chi vi scrive è convinto però di un fatto: “Nessun uomo si guadagna l'immortalità attraverso la pubblica acclamazione. La verità è nella zona d'ombra.”
Per Bob Dylan la cosa che più conta, in questo punto della sua carriera, è il ritmo con cui alterna dischi, live, progetti e altre collaborazioni. Il decennio successivo segnerà un'ulteriore svolta nella sua vicenda artistica. Per un musicista che si avvicina ormai ai 70 anni (all'epoca) conta più che altro la capacità di essere credibile e autentico. Un dono di cui Dylan raramente ha difettato, nell'arco di una carriera così lunga e ricca di opere di valore assoluto.
Dario Greco
Il tuo commento dà informazioni preziose sull'attività poliedrica di Bob Dylan. Non sapevo che si fosse cimentato anche nel cinema. Io spero sempre che pubblichi il secondo volume di Chronicles. Il primo è di ottimo livello. Dylan scrive in modo rapido, immediato e le sue parole rievocano personaggi e ambienti con rara efficacia. Carla
RispondiEliminaTi ringrazio Carla. Il prossimo autunno Dylan pubblica il suo nuovo lavoro: The Philosophy of Modern Song. Sarà sicuramente qualcosa di stimolante e interessante per noi appassionati. Un saluto! :)
EliminaSì, ho letto sul sito che a novembre uscirà anche in Italia questo lavoro sulla filosofia della canzone moderna. Grazie per averlo ricordato. Non lo perderò di sicuro. Alla prossima! Carla
RispondiEliminaTi abbraccio. :)
Elimina