Il rapporto tra Scorsese e Dylan - Pt 2
Il rapporto tra Martin Scorsese e Bob Dylan – Seconda parte
Nato a Red
Hook, Brooklyn, nell'anno di chissà quando. Aprì gli occhi al suono di una
fisarmonica, sempre al di fuori da qualsiasi parte fosse. Quando gli chiesero
perché doveva essere a quel modo, rispondeva sempre: "Bene, perché
sì". Larry era il più grande, Joey il penultimo. Chiamarono Joe "il
pazzo", il piccolo lo chiamarono "Bomba Kid". Qualcuno dice che
vivessero di gioco e di corse, sembrava che fossero sempre presi in mezzo tra
delinquenti e uomini in blu.
Inizia così
il brano scritto da Dylan in collaborazione con Jacques Levy, che verrà
inserito in Desire, 17esimo album in studio del cantautore americano.
The Irishman
è il titolo di una delle ultime prove di Martin Scorsese dietro la macchina da
presa. È basato sul libro di Charles Brandt dal titolo “I Heard You Paint
Houses” e segue le vicende del killer Frank Sheeran e
del mafioso Russell Bufalino. Nel corso della storia fanno capolino diversi
personaggi che appartengono al mondo reale come Jimmy Hoffa, Anthony Provenzano
e Robert Kennedy, il fratello di John F. Kennedy. A un certo punto della storia
comparirà anche il nostro "Crazy" Joe Gallo. Gallo che nella realtà
apparteneva alla famiglia mafiosa dei Colombo di New York City, ha una piccola
ma significativa parte, che lo vede in netto contrasto con Russell Bufalino e
con i protagonisti della vicenda raccontata nel film di Scorsese. Pur essendoci
un netto distacco tra il "Robin Hood" cantato da Dylan e il
personaggio descritto nella pellicola, in una scena il personaggio di Sheeran
descriverà “Crazy Joe” come uno con le palle, il fegato e l'incoscienza; un mobster
che va in giro con personaggi dello spettacolo, credendo di essere una sorta di
Errol Flynn. Andava contro tutto e contro tutti, insomma. La tesi del
film (che è anche quella della canzone di Dylan) verte attorno alla funzionalità
di un personaggio come Joe Gallo. Un criminale omicida, proprio come scriveva
Bob Dylan in Chronicles a proposito di un noto bandito.
"La
ballata di Jesse James ti fa credere che Jesse rubasse ai ricchi per dare ai
poveri e che fu assassinato da uno sporco miserabile codardo. Nella canzone
Jesse rapina banche, dà il denaro a chi non ha niente e alla fine viene tradito
da un amico. Per quello che se ne sa, James era un assassino assetato di
sangue, ben diverso da quel Robin Hood che la canzone descrive".
Durante le
loro carriere Dylan e Scorsese hanno giocato a riscrivere e a manipolare
la storia, raccontando non la realtà dei fatti, ma la loro versione, più funzionale
e d’impatto. Così nel 2005 con No Direction Home, Scorsese manipola e
rivivere una parte della sua infanzia; non bisogna dimenticare che il regista e
il cantautore sono nati a distanza di un anno, nel 1942 Martin, mentre l’anno
prima Robert. Durante la prima parte del film viene raccontata l'evoluzione
della canzone popolare americana e degli ascolti delle trasmissioni
radiofoniche. Malgrado sia Dylan a rammentare la prima giovinezza, non è
difficile immaginare quella di Scorsese. Tutto questo avviene in misura
maggiore rispetto al secondo documentario di Scorsese su Bob Dylan, quello
dedicato al periodo del Rolling Thunder Revue. Siamo nel 1975 ed entrambi sono già
artisti affermati e nomi illustri nel loro ambiente; in No Direction Home è
evidente come vi sia ancora una porzione di innocenza, di spontaneità. Si
avverte nel documentario quel genere di trasporto, che è tipico della
giovinezza. Il racconto a ritroso ha un sapore proustiano, legato alle prime apparizioni
di Elvis Presley, al suono dei dischi prodotti da Leonard Chess (in quel di
Chicago), di Sam Phillips nei suoi Sun Studios di Memphis. Ben prima della
British Invasion e dei Beatles, quando Bob Dylan era un semplice adepto del
primo rock and roll, il ragazzino che tenta di emulare i suoi beniamini, Little
Richard prima e successivamente Woody Guthrie.
La strada raccontata da Jack Kerouac, che qui viene omaggiato assieme al suo amico Allen Ginsberg. La strada come metafora della realtà, ma anche della menzogna, degli espedienti e degli imbrogli. Un’epopea di viaggi e treni, di fuorilegge e di chitarre. Dylan come il Bardo dell’Avon, per diffondere un nuovo concetto di bellezza e di comunità, narrando di come l’America debba essere ancora l’America. Ecco cosa interessa e preme raccontare a Scorsese. No Direction Home, The Irishman o Rolling Thunder Revue, c’è poca differenza. Un percorso iniziato ai tempi di The Last Waltz, concerto definitivo (ma forse no) che immortalava una generazione di musicisti durante la sera del 25 novembre 1976, con un Dylan che ha da poco concluso la seconda parte del Rolling Thunder Revue, immortalata dallo speciale televisivo Hard Rain, realizzato a Fort Collins, Colorado. Il giorno dopo avrebbe compiuto 35 anni. Il resto, come si usa dire in certi casi, è storia.
Dario Greco
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